Per molte persone la stipsi o stitichezza è un problema molto sentito: ciò nonostante il “non andare di corpo” ogni giorno non significa necessariamente stitichezza. Una persona può defecare due o tre volte al giorno senza avvertire disagio, un’altra solo una volta ogni due o tre giorni ad intervalli regolari senza alcun problema.
Allora cosa significa essere stitico?
Significa non avvertire lo stimolo spontaneo della defecazione o essere costretti a fare grandi sforzi per defecare o evacuare feci dure a varie riprese in modo incompleto. Molto spesso la stitichezza si accompagna a dolori addominali.
La dieta gioca un ruolo di primo piano nella prevenzione della stitichezza. Innanzitutto è impotante introdurre una quantità adeguata di cibo, perché questo possa opportunamente stimolare la muscolatura intestinale. Gli alimenti più indicati nell’esercitare quest’azione sono le verdure di soia, la frutta fresca, il pane integrale ed i cereali.
Questi alimenti, opportunamente aggiunti alla dieta, aiutano a combattere la stitichezza.Per molte persone questa misura terapeutica non sarà sufficiente e dovranno quindi aggiungere lassativi blandi, sempre dopo aver consultato il medico specialista.D’altro canto gli alimenti sconsigliati sono: i formaggi elaborati, il cioccolato, la carne, il fegato, il riso e la farina raffinata. Se le feci sono dure bisogna immediatamente ridurli.
Liquidi: i liquidi sono fondamentali nel mantenere le feci morbide.Si devono bere per lo meno 6-8 bicchieri (1,5-2 litri) di liquido al giorno. La zuppa, il tea e le spremute vengono considerati come liquidi opportuni.
Attività fisica: è molto importante eseguire quotidianamente un’attività fisica, anche solo sotto forma di piccole passeggiate o semplici esercizi che contribuiscono a mantenere un buon tono della muscolatura intestinale. Se si suda molto, bisogna compensare con una corrispondente introduzione di liquidi.
Lassativi: di solito vengono impiegati in modo scorretto. Esistono diversi tipi con azione differente. Non necessariamente i lassativi provocano danno, ma anzi, se impiegati in modo corretto, rappresentano un buon aiuto, insieme alla dieta, per la regolarizzazione delle funzioni intestinali. Viceversa, se si utilizzano in modo improprio, rendono l’intestino “pigro”, riducendo il suo tono muscolare e obbligando il paziente ad una inutile e pericolosa assuefazione.
Ultimamente è stato evidenziato come le cause funzionali, soprattutto l’ipertono degli sfinteri anali, inducendo i pazienti ad uno sforzo eccessivo per evacuare, causano il prolasso. Il prolasso del retto può essere, nelle donne, associato al prolasso di utero e vescica (tale argomento lo abbiamo trattato nel numero precedente). Il prolasso interno del retto ed il rettocele possono essere oggi curati chirurgicamente con una tecnica mini-invasiva ed indolore, la tecnica è chiamata STARR, chi scrive ha l’orgoglio di avere inventato la tecnica e lo strumento dedicato per eseguirla. Oggi la STARR è diffusa e praticata in tutto il mondo.
Che cosa è l’a tecnica STARR
La parola STARR è l’acronimo di Stapled Trans Anal Rectal Resection e viene usata per indicare l’intervento di Prolassectomia con stapler eseguita per via trans anale.
E’ una tecnica mininvasiva chirurgica che consiste nel resecare il prolasso rettale attraverso il canale anale, con uno strumento chiamato PPH. Si può considerare a tutti gli effetti come un Lifting della mucosa prolassata. Viene quindi asportato il prolasso rettale e si ricostruisce un retto anatomicamente normale.
Essendo una tecnica miniinvasiva non necessitano pertanto tagli chirurgici e non residuano quindi cicatrici cutanee. Viene eseguito in anestesia epidurale, si esegue in 30 minuti ed è sufficiente un giorno di ricovero. Il post-operatorio è praticamente indolore e si può riprendere la normale attività dopo 3-4 giorni.
L’intervetno con la tecnica STAAR preserva le emorroidi del paziente importanti per la continenza dei gas e dei liquidi.
Questo intervento è indicato nei casi di emorroidi gravi, nella Sindrome da Ostruita Defecazione, in caso di prolasso rettale e rettocele della donna.
Le complicanze sono rare, soprattutto se l’intervento è eseguito da coloproctologi esperti
Si parla di Stipsi da Ostruita Defecazione quando le feci, pur avendo un transito colico regolare, arrivate nel retto si arrestano incontrando difficoltà nella fase espulsiva. Si tratta di una difficoltà che può essere dovuta ad alterazioni funzionali e strutturali del meccanismo evacuativo. Un gran numero di soggetti, in maggior parte donne, sono affette dalla cosiddetta “sindrome da defecazione ostruita”, cioè dall’impossibilità di defecare in modo naturale. Con il termine sindrome si intende una condizione patologica dovuta a più cause e ad una serie di sintomi variamente presenti per intensità e frequenza. Tra i più comuni si riscontrano: tenesmo, defecazione frammentata e rateizzata, rettorragia, dolore e gonfiore addominale.
A volte la mucosa rettale, discostandosi dalla parete muscolare sottostante, prolassa al passaggio del volume facale creando cosi’, un ostacolo che ne impedisce l’espulsione attraverso il canale anale. Altresi’ la muscolatura del retto si sfianca creando una sacca (rettocele) che protrude verso la vagina cosi’ come residui di feci rimangono in piccole tasche mucose lasciando la sensazione di dover ancora defecare, oppure di sentire la necessità di andare in bagno più volte.
Con il passare degli anni la muscolatura del retto si indebolisce perdendo elasticità, dilatando cosi’ l’ampolla rettale. Al tempo stesso la mucosa perde il sostegno che la tiene fissa alla parete muscolare e tende a scendere verso il basso, si crea cioè un “prolasso” che ostruisce il canale anale.
Questi due fenomeni alterano la possibilità di un passaggio normale delle feci nel canale anale, determinando tutti gli effetti di cui sopra.
La nuova tecnica di correzione della Stipsi da ostruita defecazione (causata da prolasso rettale e rettocele) è in grado di ripristinare la continuità muscolare dell’ampolla rettale e di eliminare il prolasso.
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